Cambio di stagione

Non essere il cuore 
una ferita.

Non ascoltare 
nel rumore della pioggia 
i presagi di un ritorno. 
Non confondere rami e radici. 

E sapere 
che ogni cosa è stata scoperta 
non appena esiste. 
Le nostre verità sono le stagioni dell’anno. 

Eunice Arruda

Negli anni di tirocinio di specializzazione presso un dipartimento di salute mentale di Roma, una brava e sensibile psichiatra mi raccontava di quanto potessero essere destabilizzanti i cambi di stagione. 

Ricordo come allora mi lasciasse interdetta questa osservazione che portava in figura un piano -quello del corpo- che sentivo scisso dalla  “parte psichica” su cui si concentrava il mio sguardo. 

… come se il cuore e la mente fossero impalpabili… come se la materia di emozioni e pensieri non avesse nulla a che vedere con gli umori e le vicende del corpo. 

Questa dottoressa mi raccontava anche del ruolo delicato degli ormoni, della centralità delle fasi del ciclo mestruale rispetto all’equilibrio femminile, specie quando si fanno i conti con la depressione…

La mia diffidenza di allora mi parla della difficoltà di allargare lo sguardo, e stare dentro una complessità che tenti di tenere presenti piani diversi, tanto in fase di lettura di una situazione, che d’intervento. 

Piani che non sono solo affiancati, ma che interagiscono tra loro, dando vita a quadri ogni volta diversi. 

Nelle ultime settimane ricorre, nel racconto di diversi pazienti, la sensazione di attraversare un momento di particolare stanchezza, spesso avvertita specialmente al momento del risveglio, come se risultasse particolarmente complicato rimettersi in moto, fuoriuscendo dal ritiro e dal buio del sonno. 

Talvolta questo calo energetico si accompagna a dei vissuti dalle tonalità depressive, ma non è scontato che sia così. L’autunno può anche essere atteso e accolto con gratitudine, ma il corpo, sulle prime, può comunque restituirci tutta la fatica di questo cambiamento. 

Portare l’attenzione sul momento dell’anno in cui ci troviamo, cogliendo, peraltro, come sia stato brusco il passaggio dalla mitezza di ottobre (che quasi sembrava opporsi all’inevitabile autunno) al freddo e alla riduzione della luminosità di novembre, mi permette di riportare in figura -nel lavoro clinico- il corpo, con i suoi ritmi e i suoi tempi di adattamento. 

Un corpo spesso pensato “al proprio servizio” -dominato dalla mente ?- o non pensato proprio. 

Far entrare le ragioni del corpo nel discorso clinico ci aiuta a prendere in considerazione anche questo livello, mentre cerchiamo di dare senso a quanto ci accade, leggendolo nella sua complessità. 

Accorgersi degli effetti del cambio di stagione sul proprio equilibrio psicofisico, sui propri livelli di “energia”, non ha l’obiettivo di scivolare dentro la logica lineare della causa-effetto (mi sento giù per colpa dell’autunno), ma ci aiuta a tenere presente tutta una serie di variabili, riconducibili ai ritmi del corpo e della natura.  Variabili che realizzano quel sostrato che se da un lato non pare avere nulla a che vedere con le nostre “questioni psicologiche”, dall’altro funziona come una premessa su cui tutto il resto si innesta. 

Ecco che, allora, diviene possibile recuperare la consapevolezza di una connessione con il ritmo delle stagioni, a dispetto di questi nostri tempi che questo legame sembrano averlo proprio rimosso… 


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