N. e M., ma come posso ridurvi a due iniziali?
Facciamo che cambio i vostri nomi, per proteggere la vostra intimità, anche se qui non vi conosce nessuno. Ma l’intimità è un fiore delicato, che andrebbe trattato con cura, anche quando pare non ce ne sia bisogno.
Teo e Roberto abitano nel nostro palazzo, e -nonostante i nostri incontri in questa manciata di anni il più delle volte si siano limitati a ad uno scambio di battute e a qualche sorriso- mi sono subito risultati simpatici.
Ogni volta che esco con Bergi mi ritrovo a sperare di guadagnare il cancello del palazzo (abito al quarto piano, l’ascensore è un pezzo da museo degli anni 30 e devo pure attraversare un piccolo giardino interno…) sperando di non incontrare nessuno, perché il mio bassotto si trasforma in un bodyguard inferocito, pronto a sbranare chiunque ci si pari davanti o osi anche solo farsi sentire. Lui, nel dubbio, abbaia a prescindere, a mo’ di avvertimento, e a me non resta che correre quasi in apnea, sapendo che una volta in strada si placherà nel giro di qualche minuto.
Diciamocelo: avrei preferito degli incipit di passeggiata più rilassanti, ma l’amore è anche questo, e poi c’è qualcosa di commovente nella testardaggine cieca e appassionata di questo nanetto a quattro zampe, che si ostina a volerci proteggere a tutti i costi.
Sta di fatto che una buona parte dei vicini ci detesta ed io -che oramai sono diventata una canara permalosa (permalosa lo ero già di mio)- come tutte le canare ci resto pure un po’ male, e dopo tanti sforzi e giustificazioni, oggi faccio come Rhett Butler e francamente me ne infischio di occhiatacce e parole dette a mezza bocca, e procedo…
Ma Teo e Roberto -in modo particolare Teo- ci hanno sempre sorriso. E seguitavano a sorridere nonostante gli abbai di Bergi, mentre Teo mi raccontava, col suo accento spagnolo così musicale, della sua amata barboncina, che ora non c’è più e che si era tatuato tanti anni fa.
Una bella coppia avanti negli anni, in pensione: Teo estroverso e sempre originale nell’abbigliamento, Roberto più silenzioso.
Sempre insieme, così affiatati e ben assortiti nelle loro differenze.
La scorsa estate -o forse era settembre- ci incontriamo fuori dal portone; mi raccontano di essere di ritorno dalla casa al mare, che Roberto ha qualche problema di salute…
Teo mi sorride, gli occhi che brillano come sempre, nonostante il velo di malinconia. Mi raccontano del loro attico a Nettuno, da dove possono guardare il mare, del suono della risacca che la sera li raggiunge e rende le notti più dolci…
Sono passati mesi e non è capitato d’incontrarci più: cose che succedono, in un condominio di città, anche se mi sono ritrovata diverse volte a pensarli, immaginandoli a passeggio sulla riva del mare d’inverno.
Stamani ho incontrato Teo, gentile e sorridente come sempre. Bergi lo ha annusato senza fare un fiato, e con mio sommo stupore, si è fatto persino accarezzare.
Dopo qualche scambio di battute, gli ho chiesto di salutarmi Roberto.
Senza pensarci, senza domandarmi perché non fosse lì con lui, e Teo mi ha detto che si era spento i primi di dicembre.
Ce ne stavamo lì, sotto questo cielo di marzo che ci regalava uno squarcio di luce, io senza parole e Teo che dopo un profondo respiro mi dice ( riporto fedelmente):
“È difficile ricostruire un equilibrio dopo trent’anni di vita assieme. È dura fare i conti con la sua assenza, ma, sai, noi abbiamo avuto una vita meravigliosa. Meravigliosa e piena. E io di questo mi sento grato…”
Io ho provato a riportarle qui, le parole di Teo, ma lo so che a malapena sfiorano il cuore di quel momento… dovrei parlarvi del suo sguardo, che restituiva verità e vita a quanto mi diceva. Uno sguardo in cui s’intravedeva una luce bambina, capace di tenerezza e di meraviglia, anche quando la vita ti sferza…
Uno sguardo capace di vedere e custodire la pienezza della propria storia. Benedirla sempre.
Io, dal canto mio, ho sentito di ricevere un dono inatteso, che mi parlava dell’intimità che certi incontri riescono a sprigionare, e poco importa che durino un battito d’ali, perché in quello spazio il tempo non esiste.
Scaldati dal sole di un mattino di marzo, mentre i pochi ciliegi della Garbatella iniziano a fiorire, ho sentito che la primavera nel cuore non è una questione che ha a che fare con l’età.