Il cuore ha anche una parte posteriore, tra le scapole; è il cuore più vecchio, quello tante volte accoltellato alle spalle, quello che ricorda e freme, presentendo il pericolo e ha bisogno di essere ascoltato nella presenza del puro sentire. Ora.
Chandra Candiani da “Questo immenso non sapere”
Chandra Candiani ci ricorda che lo spazio del cuore arriva anche tra le scapole. È uno spazio che sta dietro, legato alla strada percorsa. Al nostro passato, al nostro bagaglio. A quanto pensiamo di esserci lasciati alle spalle.
Quando penso all’espressione “lasciarsi alle spalle qualcosa”, mi torna in mente l’analisi logica e il moto da luogo, con l’idea di un movimento che ci porti più o meno distanti da un punto di partenza.
Talvolta allontanarsi da qualcosa o da qualcuno, marcare una distanza fisica si pone come premessa irrinunciabile per lasciar andare qualcosa e separarsi anche emotivamente.
Se la tua casa è in fiamme, se un rapporto, un contesto esprime una tossicità, non c’è possibilità di elaborazione, restando dentro. Intanto allontanati, vai via. Mettiti in salvo.
Ma salvarsi non esaurisce quel processo di attraversamento ed elaborazione proprio del lasciare alle spalle.
Dobbiamo trovare il coraggio di voltarci e guardare dietro di noi.
Non dimenticare e portare davanti questa parte antica del cuore, perché non diventi un’ombra cupa, quel peso invisibile che opprime e non sai perché.
Ci sono volte in cui stringiamo i denti, teniamo duro -quanta verità in certe espressioni- e continuiamo ad andare avanti, o almeno così ci sembra, ma qualcosa ci tiene impigliati, incagliati, nonostante questo apparente procedere.
Qualcosa resta indietro; qualcosa sembra non essersene mai andato via…
Dentro questa dinamica si realizza un apparente paradosso: da un lato una parte di noi ci appare bloccata nel passato, come se non fossimo riusciti a portarla con noi, dall’altro, la sensazione è quella di non riuscire completamente a lasciar andare qualcosa.
Allora ciò che pensavamo di esserci lasciati alle spalle… di fatto ci resta addosso. Sulle spalle.
Alle volte accade che in psicoterapia emerga una resistenza a voltarsi indietro e a tornare su eventi del passato, magari dentro la fantasia che questo allontani dal presente e dai problemi “attuali” alla base della richiesta di aiuto. Il tornare indietro viene sentito quasi come una perdita di tempo, un andare a rivangare aspetti archiviati, poco importa come. Il passato è passato…
Si fa molta fatica a riconoscere l’ombra che il passato proietta sul presente; come questo si riduca ad un’immagine piatta, se viene meno la profondità di “ciò che sta dietro”.
Voltarsi e accorgersi di questo nostro “cuore antico”, portarlo davanti -e dentro la relazione terapeutica- è un passaggio complesso e delicato. Ma se riusciamo a metterci in suo ascolto, lasciando che dica, piano qualcosa si scioglie e il cuore -intero- si allarga…
